Foto di Beatrice Barbieri |
Shakespeare disse: "Quando si nasce si piange perchè ci si ritrova in questo palcoscenico di matti"
Allora che i neonati abbiano
maggior consapevolezza di ciò che loro spetta, di quanto possa averne un
adulto? O forse piangono perchè già sanno che il loro mondo fatto della stessa
sostanza dei sogni prima o poi diventerà sempre più piccolo per far spazio a
quello reale? E così succede
quando smetti di credere nella magia, nelle favole, in quella montagna di
favole che ti hanno raccontato con insistenza nei primi anni di vita. Ti accorgi che la tua vita o quella dei tuoi
amichetti è più imperfetta di quanto potevi immaginare: a scuola c'erano i
figli dei separati, dei divorziati e poi c'era il caso ancora più eclatante dei
gemelli Capalbi, il cui padre se n'era addirittura andato di casa. E poi c'ero
io, figlia di genitori uniti. Appartenevo a un genere raro e ne ero
consapevole. I miei, in confronto alla maggioranza, erano "adulti",
nonostante avessero fatto una figlia a diciotto anni. Ricordo episodi del tipo:
io ospite a casa di Veronica e ad un certo punto mi trovo in mezzo a una madre
e una figlia che litigano perchè vogliono pettinare la stessa bambola. O
ancora, mi era capitato di assistere a riunioni di mamme, che appartenevano
alla categoria da me denominata delle madri fanatiche, riunioni cui mia madre
credo abbia partecipato una volta in cinque anni, dopo di che si è sempre
rifiutata, optando per partite di tennis con la mamma di Marta e di Claudia, e,
giuro, in quei momenti riuscivano a dare il meglio di loro con il gioco dei
confronti:
"Ho iscritto Federica a
un corso di danza e i vostri figli faranno qualcosa?"