CAPITOLO 22 - Lontano da chi?

Foto di Cristina Barbieri
Qualcuno disse che "Amare vuol dire anche lasciar liberi di andare"

 
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GENNAIO 2005




Erano solo le cinque del pomeriggio e il cielo si andava oscurando, mentre calavano le prime ombre della sera. Era l’ora di uscire con Dylan, un cucciolo di Golden Retriver che Filippo mi regalò per il mio compleanno. Mi coprii a più strati, infilai cappello e guanti di lana, misi il guinzaglio a Dylan e andai ad affrontare il gelo. Appena misi piede fuori casa, assaporai immediatamente il profumo della prima neve. Stavo per incamminarmi verso i giardini che distavano pochi metri da casa mia, quando per caso guardai dalla parte opposta. Sentii il terreno crollare da sotto i miei piedi: feci un passo, guardai di nuovo e restai immobile. Paolo. Indossava dei jeans scuri e un giubbotto di pelle marrone. I suoi capelli erano sempre radi e la barba corta, ma incolta. Nonostante non lo vedessi da quasi quattro anni, ai miei occhi era sempre quel ragazzino di diciannove anni, dall'aria un pò trasandata, ma che mi piaceva tanto. Ero senza parole:
"Matilde!"
"Paolo!"
"E' bello rivederti dopo tutti questi anni!"
Gli corsi  incontro e istintivamente gli buttai le braccia al collo. I nostri corpi si unirono come accadeva un tempo. Mi bastarono pochi secondi per rendermi conto che di fronte a me c’era un uomo che una volta conoscevo, ma che adesso era qualcun altro, perciò mi staccai, facendo un passo indietro:
"Che ci fai qui?"
"Non lo so. Volevo farlo e basta."
Era una situazione imbarazzante: avrei voluto fargli mille domande, ma qualcosa mi bloccò, perciò restai lì di fronte a lui, scrutandolo con esitazione e cercando di capire se effettivamente era la persona che conoscevo.
"Negli ultimi tre anni ho vissuto a Roma con mia madre, quando si è ammalata siamo andati al suo paese in Veneto e ora che è morta sono voluto tornare nella città in cui sono cresciuto."
"Mi dispiace, Paolo...io...!"
"Mi basta guardarti e già sto meglio!" mi interruppe, prima che potessi terminare la frase; abbassai lo sguardo.
Dall'altra parte della strada sentii una voce chiamarmi:
"E' Filippo!" mormorai dispiaciuta;
"Suppongo che ora voi stiate insieme!"
Annuii.
"Forse ho sbagliato a venire, sì insomma dovevo immaginare che, dopo tutto questo tempo, ti fossi rifatta una tua vita!"
"Non hai sbagliato!" lo rassicurai, prendendogli la mano e facendola scorrere nella mia. "Ora devo andare, ti va di vederci domani? Filippo sarà via per qualche giorno e mi piacerebbe trascorrere del tempo con te!"
"Volentieri, mi faccio trovare qui per le dieci di domani mattina, va bene?"
"E' perfetto! Ciao Paolo!... Dai Dylan, andiamo!" mi voltai con il cuore in gola e le mani che sudavano nei guanti. Attraversai la strada e raggiunsi Filippo.


Il mattino seguente alle dieci una Kawasaki nera si fermò di fronte a me.
"Da quando sei diventato un motociclista?"
"Diciamo che è sempre stata la mia passione, solo che fino a qualche anno fa, le mie finanze non erano sufficienti per acquistare una moto di questa cilindrata." mi spiegò, poi mi porse il casco. Lo infilai e presi posto dietro di lui. La moto partì veloce, istintivamente mi strinsi a lui e le mie mani finirono sotto il suo giubbotto di pelle, il suo corpo era così caldo rispetto a quella giornata di pieno inverno. Prese una curva e poi un'altra, chiusi gli occhi, sentii la moto piegarsi, per un attimo ebbi paura e lo abbracciai più stretto, posando la mia guancia sulla sua schiena. Accelerò e ancora. La strada doveva essersi fatta più grande, sentii il rumore delle altre macchine che sfrecciavano attorno a noi, poi frenò e silenzio, il motore non rimbombava più sotto di noi.
"Starei così per ore!" mi confidò;
"Anche io!" ma lo pensai solamente. Aprii gli occhi, ci trovavamo a pochi metri dall'entrata del parco di Piazza Castello. Scesi dalla moto e mi sfilai il casco. Vidi un raggio di sole attraversare il cielo grigio. Ci incamminammo abbastanza vicini perchè le nostre mani si sfiorassero, ma non troppo perchè si toccassero per davvero. 
"Sei felice?" Mi domandò improvvisamente.
"Sì, abbastanza... a luglio dell’anno scorso mi sono laureata in lettere moderne e ora sto facendo uno stage presso la redazione di un giornale, mi piace molto. Spero solo di stare facendo una bella impressione…io ci sto mettendo tutta me stessa" 
"La starai facendo sicuramente!" mi rassicurò: "Non ho dubbi!"
"Sai che Benedetta e Giorgio si sono sposati?" 
"Davvero? Che bella notizia! Sono proprio contento per tua sorella, si meritava un pò di felicità. Devo ammettere che le sorelle Casale hanno veramente una marcia in più rispetto a tutti gli altri comuni mortali!" 
Sorrisi.
"Non sto scherzando: siete riuscite a mantenere la calma e i nervi saldi, quanto tutto intorno a voi si stava lentamente sgretolando. Avete avuto il coraggio di ricominciare da capo senza perdervi d'animo e persone così non s'incontrano tutti i giorni!"
Le sue parole rimasero sospese in aria tra di noi.
"E tu? Sei felice?" 
"Non lo so, credevo di sì!"
"Perchè non mi chiedi quello che volevi sapere veramente?"  
"E cioè?"
"Se amo Filippo!" esclamai, poi distolsi lo sguardo, che si posò su una scolaresca che ascoltava attenta la spiegazione della loro insegnante. 
"La risposta è sì, lo amo!" La mia assoluta sincerità lo pietrificò. I suoi occhi si incupirono. Sentii una fitta al cuore: era il dolore della parola fine che si era appena concretizzata.
Deglutii a fatica: "Ti va una brioche? Conosco un posto, qui vicino, che le fa buonissime!" 
"E' meglio che io vada, qui non c'è più posto per me!"
I miei occhi si riempirono di lacrime, che cominciarono a scendere senza che nemmeno me ne accorgessi: "Ma non puoi andartene ora!" 
Si avvicinò a me e mi baciò con dolcezza sulle labbra, poi mi strinse forte a lui.
"Non smetterò mai di amarti!" mi sussurrò all'orecchio: "Mi hai reso una persona migliore, mi hai fatto sentire di nuovo vivo, ma ora io devo partire e tu devi andare da Filippo, è la persona giusta, l'ho sempre pensato e anche un pò invidiato, ma è lui che potrà garantirti il futuro che ti meriti!" 
"E tu che farai?"
"Il mio futuro è nell'esercito!" 
Quando i nostri corpi si separarono, capii che quel bacio e quell'abbraccio sarebbero stati gli ultimi. I miei occhi erano fissi nei suoi:
"Anche io ti amerò per sempre, Paolo!" Vidi il suo sguardo illuminarsi.  
Improvvisamente sentii la pioggia solleticare le mie braccia e il mio viso. Alzai la testa al cielo e sollevai le braccia, poi guardai Paolo e scoppiammo a ridere.
"Addio!" Mi voltai e mi incamminai verso casa.





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